martedì 24 febbraio 2015

INNUMEREVOLI OMBRE #3 [COMMENTO]

Nel post precedente, QUI per la precisione, ho scritto qualcosa sulla casa di produzione indipendente 4AM, commentando il primo corto pubblicato su youtube della serie Innumerevoli Ombre. 
E come potrete leggere, ne sono rimasto molto soddisfatto. 


Continua il viaggio nella tradizione leggendaria e misterioso del Bel Paese. Dopo il caldo sole di una Brindisi dal profumo di fieno e il freddo nord in una Gorizia boschiva e selvaggia, ci troviamo ora a Gubbio, nel centro, circondati dagli Appennini e le tinte bluastre di una notte mostruosa. 
Come da solito copione sceneggiato da Antonio Micciulli, anche in questo capitolo l'ambientazione si mescola di elementi soprannaturali e terreni, di gente comune, concreta. L'elemento che più conferisce quel tocco di forte caratterizzazione italica ma soprattutto di una connotazione decisamente autentica è ovviamente il dialetto. 
Che completa il bellissimo progetto. 

Il capitolo stavolta inizia con un carico di azione e horror che ricordano per sommi capi le eccezionali ambientazioni di X Files. I suoni e la shaky cam danno vita ad una creatura mai vista ma solo percepita, un mostro che uccide e divora. Il dramma si condensa su una massaia che perde il marito e costringe il figlio a diventare "l'uomo di casa". E si ha quindi quel tocco sopracitato di concretezza e conservatorismo tipico delle realtà rurali e contadine. Ma l'intreccio prosegue nel solito inquietante mondo del Micciulli, regalandoci poi un finale ad alta tensione. 

Delle tre Innumerevoli Ombre è il più ombrato, il meno evidente e il migliore finora. Si basa su un pathos, una continua minaccia di qualcosa, che resta ombra, appunto. La bravura, come già segnalato, è nel dare personalità al racconto, allontanandoci dal classico cliché del corto horror con sangue e splatter.
In attesa del capitolo conclusivo, 

QUI il terzo racconto:



venerdì 20 febbraio 2015

BIRDMAN Vs. BOYHOOD [PRE OSCAR 2015]

Che io mi ricordi era dal 1997 che la corsa per gli oscar non appariva così telefonata e poco entusiasmante. L'undicesima statuetta ricevuta da Titanic fu solo l'ennesimo sbadiglio di una serata noiosa e scontata. A differenza del 2002 quando Martin Scorsese nascose bene l'odio per l'Academy che non si degnò di premiarlo per il suo vigoroso Gangs of New York.

Ah, l'academy e Scorsese, un rapporto di trolling. 
Fortuna che c'è DiCaprio, ora. Altrimenti sai che noia. 

A bucare lo schermo, quest'anno, sono due pellicole particolarmente accattivanti: Boyhood e Birdman
I principali riferimenti di chi vuole cimentarsi in quella mistura di cinema d'autore e d'intrattenimento. 

Boyhood.



Il regista della soffice e melodrammatica trilogia Before Sunset, Richard Linklater, torna con il suo attore feticcio, il freddo Ethan Hawke da sempre schivo verso il cinema più mestierante, in un dramma sulla crescita. 

Cosa ha di bello. 
Girato in dodici anni, la storia segue la crescita di Ellar Coltrane. La trovata geniale è servita. Non solo. È quella profonda leggerezza nel modo di raccontare a conquistarti. 
In una atmosfera di autentica ricerca di verosimiglianza. 
(Beccati questo Von Trier e il tuo dogma95 radical chic) 

Perché storco il naso.
Apparentemente è una storia comune, che sa di già visto. Colpisce più per il modo in cui è raccontata che per la storia in sé. Ma attenzione a non sottovalutare la sceneggiatura. I personaggi sono ben curati nel loro essere macchiette di una provincia gretta americana, da lasciarci intenerire e imbestialire. 

Birdman


Su Birdman si può dire di tutto. Ed è già stato detto molto. Si tratta di un'opera metateatrale, di quelle che  richiamano Truffaut, di quelle che sono state fatte da Fellini. Iñarittu si è cimentato nel rappresentare una collezione di personaggi depressi, di personaggi abbandonati a se stessi, che cercano in tutti i modi di uscir fuori dal loro canovaccio. Sono solo figli di un cinema rocambolesco e vuoto, non possono aspirare ad essere personaggi a tutto tondo. Eppure Michael Keaton ci prova. In una New York poetica, una dichiarazione d'amore al cinema, al teatro, e all'essere parte di una società venuta al denaro.  

Cosa ha di bello. 
Ovviamente la regia. Quei (falsi) piani sequenza, girati d'un fiato, che saltano e si spostano con maestria, con forza e velocità, lasciano d'incanto e carichi d'ansia. È Hitchcock, in un richiamo a quel nodo alla gola diretto in una stanza e lanciato in un finale al cardiopalma. L'anno scorso abbiamo avuto Cuaron e quest'anno Iñarittu, sono gli anni d'oro del piano sequenza. 

Perché storco il naso.
In teoria per nulla, apparentemente. Il problema è che se si prova a scavare oltre quelle prove, ottime, emergono difetti abbastanza vistosi. Si racconta di depressione, della vuotezza dell'uomo di successo, la sua frivolezza negli affetti. Ed è questo essere tutto accennato a dar problemi. Per far volare il film e non annoiare sembra essersi venduto al pubblico, impressionandolo con una prova estetica di bravura.
Non son più i tempi della complessità di unTruffaut e un film come Birdman è lì a ricordarcelo.


marcodemitri®

giovedì 12 febbraio 2015

SOTTOMISSIONE [RECENSIONE LIBRI]

Che ci voglia un qualcosa di più del semplicistico concetto "Islam cattivo ed Occidente buono" è ormai scontato. Basta guardare i telegiornali per capire quanta difficoltà ci vuole per riuscire a trovare qualcosa di imparziale. 
Che non punti il dito verso il musulmano.
E figuriamoci in letteratura, in questo mondo di menti poco propense al ragionamento profondo, quanto brillante debba essere una trama di geopolitica.
Menomale che ci pensa Michel Houellebecq con il nuovo Sottomissione a smuovere le acque: trasformando la Francia in un nuovo Islam. 
Come se non gli fosse stato sufficiente dichiarare "La religione più stupida è l'islam".
Uscito il giorno della strage a Charlie Hebdo il libro edito in Italia da Bompiani in una copertina rossa fiammante, racconta del verosimile, plausibile mondo di François, professore annoiato e depresso in una Parigi prossima ad un cambiamento epocale: l'elezione di un capo di stato Musulmano. 
Si capisce dunque fin da subito con quanta mestizia sia riuscito lo scrittore, provocatore patentato, a imbastire un nuovo brillante dibattito.
Eppure imperterrito continua a battere il chiodo nel campo che più lo ha consacrato ad intellettuale dissacrante. 



Parigi, 2017.
Studioso di Huysmans, François insegna alla Sorbona, roccaforte della cultura francese, trascorrendo la sua esistenza in una monotonia e una depressione al cui lento soccombere si alternano i pochi attimi di piacere esplosi nel sesso. 

"[…] il passato è sempre bello, lo è anche il futuro. A far male è solo il presente, che portiamo con noi come un ascesso di sofferenza che ci accompagna tra due infiniti di quieta felicità."

Narrato dall'Io narrante di François, il romanzo procede lineare, senza particolari colpi di scena. I momenti più rappresentativi dell'opera sono racchiusi nelle descrizioni della morbosa curiosità nel provare piatti tipici di altre culture; è difatti arricchita la storia di momenti grotteschi in cui ci si sofferma sulla descrizione di essi. Come fossimo in un film Eric Rohmer. 
Ma Houellebecq si muove agile tramite uno pseudo alter ego goffo, in un mondo dilaniato dalla paura e dalla crisi di valori. È questa, per lo scrittore, la critica severa: l'approdo dell'islam è da collegare alla fiacchezza dell'eurocentrismo, alla secolarizzazione del cattolicesimo. Il relativismo ha prodotto una giustificazione della disuguaglianza nella uguaglianza, ha colpito l'entusiasmo dei giovani, indebolendoli. E così, senza alcun valore, senza alcun credo per cui combattere, hanno scelto di arruolarsi nelle schiere di una religione di combattenti. 
Si è in presenza di un cinismo e un grottesco materialismo che altro non fanno se non celebrare, rafforzandola, la critica alla civiltà occidentale. In una costruzione letteraria più volte vicina al saggio più che al romanzo. 
Scivola via, così, da una atmosfera grigia, da catastrofe imminente, ad una più solare e accesa nel finale; dove François raggiunge l'epifania con una pratica sessuale controversa, che lo porta ad una nuova visione della vita. E della fede. 
Una storia disillusa, raccontata con fermezza permette di procedere spediti in questa avventura, riflettendo sul sesso, la cucina e la depressione. 
"Non avevo alcun progetto, alcuna destinazione precisa; solo la sensazione, molto vaga, che mi convenisse dirigermi verso il Sud-Ovest; che se in Francia fosse scoppiata la guerra civile, ci avrebbe messo un po' prima di arrivare nel Sud-Ovest. A dire il vero non sapevo quasi niente del Sud-Ovest, a parte che è una regione dove si mangia confit d'anatra; e il confit d'anatra mi sembrava poco compatibile con la guerra ciivile!”

Forse i più affezionati a quel manierismo stilistico dei precedenti lavori lo troveranno fin troppo commerciale ma è sempre un piacere leggerlo.
Oltre che una esperienza.

marcodemitri®

martedì 10 febbraio 2015

UN RACCONTO PER UN CONCORSO FANTASMA. [PAURA EH]

Quello che leggerete è un racconto scritto per un concorso della Provincia di Lecce. Un concorso dal titolo "La Provincia ti racconta."

Però veniamo nel dettaglio che è più divertente del racconto stesso. 

Marzo del 2013 La Provincia di Lecce ha indetto QUESTO concorso per aspiranti scrittori.


Come potete vedere dalla foto c'è tutto: gli obiettivi, l'età minima e massima e infine la data di scadenza.
Ci sono persino due moduli PDF cui scaricare il manifesto del progetto; insomma, una cosa seria.
Io, così, intenzionato a partecipare ho scritto una storia, l'ho corretta rispettando il numero di cartelle e battute, e l'ho consegnata per email alla biblioteca provinciale.
Ad Aprile.




Non avendo avuto più nessuna risposta per circa due mesi e superata quindi la fantamotatica data di premiazione, mi sono diretto all'ufficio relazioni col pubblico per saperne di più.

Mi indirizzarono sul sito internet. Ok. Lasciamo perdere. 

Dopo diversi mesi parlo con una persona che chiameremo MRX, il quale mi indica la via di un ufficio collegato con la provincia.
Paura, eh?!

Col cuore in gola, il vento ululante alle mie spalle, la luna piena.
Entro e spiego cosa è accaduto.
Mi dirottano in una stanza e lì, si mostrano gentili e premurosi quando mi rivelano che ancora non se ne sapeva nulla perché era stata spostata la data.
Colpo di scena.

Era stata spostata la data ma nessuno lo sapeva.
Dei partecipanti nessuno aveva avuto l'avviso.

La musica mi venne in aiuto.

"Mentre il cielo si schiarisce noi guarderemo stanotte che finisce il tempo va, 
passano le ore […] 
"Speriamo prima che l'estate sia finita il tempo va, passano le ore […]."

E poi il nulla, di nuovo.
Sono trascorsi ormai due anni.
Stando ad alcune voci questo progetto è stato cestinato.
Ora, era stata promessa una finale con i tre racconti migliori e tre premi: di mille, cinquecento e duecento cinquanta euro.
Due alternative mi vengono in mente come chiusa dell'articolo.

[Finale moralista]
So che la crisi economica è la prima scusa cui appigliarsi ma credo che qui non sia solo quello: è un malcostume diffuso in questo paese la promessa di qualcosa di non fattibile.
Ed è mortificante quando, chi ha il potere, promette all'umile.
Perché spesso capita che l'umile ci creda veramente.
Che il potere possa dargli una mano per realizzare i suoi sogni.

[Finale divertente e cattivo]



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Ricapitoliamo.

QUI la video intervista a Simona Manca che illustra il progetto.
Queste le intenzioni della Provincia. 

[…]
Ai giovani lettori diamo la possibilità di esprimersi.
È un concorso a premi in danaro.
Politica di educazione alla lettura.
SOPRATTUTTO per i giovani. 
[…]

QUI il testo del concorso. 
QUI la pagina facebook. 

Tema del concorso è: racconta il Salento.
Brividi, lo so, ma ci ho voluto provare. 

Onde evitare ritorsioni e fare la fine di Saviano, guardate qui.



Peeeerfetto, dicevamo allora che ho scritto un racconto bellissimo e che adesso vi propongo. 
Spero vi piaccia. 

Buona lettura!

UN PRIMO PARTICOLARE 

L’esperienza più disturbante della mia vita ebbe inizio mentre fissavo la tavola imbandita a casa della nonna.
C’è molta più arte in un piatto di pasta fatta in casa che in un quadro di Dalì, pensai immaginando quel piatto prendere vita come in un musical: orecchiette giallo ocra vestite del grondante sugo rosso piccante e disposte in un conturbante ballo all’ombra di foglioline di verde basilico e, a rendere l’atmosfera più soft, una spolverata di bianco formaggio ricotta.
“Te l’ha mai dittu nisciunu ca nu se fissa?”
Alzai il sopracciglio destro, strabuzzai gli occhi e m’irrigidii.
“A tie sta dicu!”
Mi guardai intorno; poi fissai nuovamente il piatto avvicinando il viso e mi chiesi COSA STESSE ACCADENDO.
“La capita allora ca sta te parlu?”
“C–come è possibile?!”
“Suntu quiddhru ca se dice lu piattu te parla pe quantu è bonu!”
“…”
“Dai scherzava!”
“C–cosa vuoi da me?”
“Cu fazzu do chiacchiere: lu tiempu prima cu me mangi!”
“Non ho più fame, guarda.”
“Nu b’essere schizzinosu! Te ulia cu te dicu: pensa prima cu mangi!”
“Cioè?”
“Dha santa cristiana de nonnata m’ha creatu cu dh’amore ca nu se acchia chiu percè siti ormai attrezzati cu surgelati, mechidonalds, sushi. Mai pe iabbu!”
“Uao, un piatto fondamentalista che parla dei valori di una volta mi mancava.”
“Ce si difficile. Pensa ca ste orecchiette enenu de na ricetta semplice: acqua e farina…”
“Ascolta, non conosco bene il dialetto…”
“Madò sti giovani de osce! Vabbè, cercherò di parlare nu picchi in italiano. Sarò tipo Siri: ti guiderò in tre difficili situazioni della tua terra.”
Al che continuò a vibrare nell’aria solo quella voce mentre con mio sommo stupore il bianco iniziò ad inghiottire la scena.
“Immagina.”
“Puoi?” Risposi, circondato dal lucido candore del nulla.
“APRI LA CAPU, FESSA!”
“Ehi ma così mi ferisci!”

Mi ritrovai in un cielo azzurro; il sole era un astro bollente su un'immensa distesa di oceano verde e all’orizzonte si stagliava un campo di pale eoliche.
Ero stato teletrasportato: mi sentivo leggero, trasparente e pallido.
La strada sconnessa a tratti serpeggiava le campagne, le cicale frinivano e io vivevo un’esperienza extracorporea.
“Con la scusa del risparmio energetico stanno distruggendo la nostra terra. Lo sapevi che qui non crescerà più nulla?“
La situazione che si presentò ai miei occhi era impressionante; eliche che ruotavano imponenti con il tempo dettato dalle forti raffiche di vento.
“Dove siamo?”
“Sei in una delle tante campagne del Salento. Porzioni di terreno tolte ad agricoltori per costruire distese di fotovoltaico. Senti questo rumore?”
“Sì.”
“Sono le enormi pale eoliche: spaventano gli uccelli.”
Più in là l’indicazione turistica segnava “Masseria Papa”; nell’aria l’odore acre del gregge, per molti ma non per me, fastidioso.
“Basta così.” Irruppe.
Fui accecato da una serie di intensi bagliori ed ebbi la sensazione di cadere; le mie urla si dileguarono nell’estensione del vuoto. Poi qualcosa attutì l’atterraggio e aspettai un po’ prima che il frastuono nelle orecchie andasse via; ma non appena riaprii gli occhi capii quale sarebbe stato il mio nuovo scenario.
“Il traffico”. Esordì con tono cupo.
Non ci voleva; ero nella strada principale della città e tra fischi, urla e smog, la geometria andava a farsi benedire: il caos regnava sovrano.
“Conosco molto bene.” Risposi con rammarico.
“La gente non usa i mezzi pubblici, le biciclette, non va a piedi. Trascorre più tempo in quel maledetto abitacolo che con la famiglia ed ha la strana convinzione di poter far prima spostandosi in auto. Ti sembra normale parcheggiare in quel modo, tra l’altro?”

Un uomo che faceva capolino dal finestrino aspirò l'ultimo boccone di fumo, buttò via la sigaretta che emise un piccolo bagliore prima di spegnersi, e suonò il clacson convulsamente.
Un bambino, invece, lanciò via dei pezzetti di carta come fossero coriandoli.
È più facile spezzare un atomo che una mentalità, pensai aggrottando le sopracciglia.
“Guarda all’incrocio cosa accade.” Mi distrasse la voce.
C’era un’auto dietro i vigili urbani e su una corsia preferenziale; appena scattato il verde, l’uomo iniziò a strombazzare la volante. Gli uomini in divisa, visibilmente compiaciuti, spensero il motore e si avvicinarono, chiedendo i documenti.
“COME VI PERMETTETE?” Si ribellò.
I vigili, così, fecero notare che era in torto ma sembravano non riuscire a calmare l’ira dell’uomo. Il clou della scena, leggete bene perché è divertente, fu raggiunto con l’arrivo della polizia. Dopo essersi fatto quasi investire dalla volante urlò: “Dovete fare qualcosa perché vogliono farmi la multa”.
Insomma, alla fine il signore si beccò anche l’oltraggio a pubblico ufficiale e io, con ancora un sorriso amaro stampato sul volto, iniziai a camminare senza volerlo.
“Che diavolo?!”
Le mie gambe si muovevano da sole facendomi attraversare quello che trovavo sul cammino.
“Adesso viene il bello.”
Ero spinto da una forza che mi guidava come un giocattolo e che mi portò davanti un bar.
“Entra.” Tuonò.
Non avevo scelta e così, entrai.
Non diedi molta importanza alla strana sensazione che mi colse non appena raggiunsi il locale.
La forte fragranza al caffè lo rendeva accogliente e mi fece pensare che anche ad occhi chiusi avrei capito si trattasse di un bar; ma ancora non sapevo che avevo un posto in prima fila per una ultima grande sorpresa.

“Che ci faccio qui? Non mi va un caffè!” Dissi senza ottenere alcuna risposta.
Rifeci la domanda: niente.
Ero uno spettro in un folto gruppo di persone che attendevano il turno.
Cercai di alzarmi sulle punte dei piedi per scorgere qualche indizio sul perché fossi li, ma ancora una volta: nulla.
Cavolo - pensai - posso attraversare la materia in qualità di fantasma! Così, dopo essermi concentrato lo feci. Il problema fu la sorpresa che mi si presentò: qualcosa che nemmeno nelle fantasie più egocentriche avrei mai potuto immaginare.

Fermi un momento e riavvolgo il nastro per chiarire un punto. Nel momento in cui sono stato catapultato in questa esperienza, a quanto pare, ho perso i miei ricordi. Non ho più avuto consapevolezza di me stesso, potendo solo osservare e riflettere.
Vi scrivo questo perché ciò che mi si parò davanti non era altro che me stesso.
Quello reale, insomma.

Surreale fu la prima parola che mi venne in mente.
Incuriosito, mi avvicinai. Dopo aver gesticolato come un forsennato e scoperto un paio di punti neri sul naso, capii che lui o me, non so come dire, non avvertiva minimamente la mia, la sua o la nostra presenza.
Ero stato abbandonato a me stesso nel vero senso del termine.
“Buongiorno, prego!” Disse al cliente che venne in cassa.
“Un caffè.” Rispose con voce afona.
“80 centesimi, grazie!”
Una scenetta, questa, che si ripetette per innumerevoli volte. 
La gente entrava senza salutare, ringraziare o congedarsi con garbo; chiedeva con tono dittatoriale. Era mortificante perché nessuno avrebbe mai pensato quanto fosse brutto lavorare in un’atmosfera priva di emozioni.
La maleducazione, come un virus, si diffondeva e chi si salvava, accumulava odio; come un cane che si mordeva la coda.

Ancora una volta scoraggiato mi misi a riflettere: siamo Salentini non pugliesi, ma quanto questo modo di pensare ci ha reso superficiali dando per scontato che il posto dove siamo nati sarà per sempre così meraviglioso, come se vivessimo in un Eden. Invece dovremmo curare ogni giorno questa valle perfetta, preservandone così la nostra integrità psichica e morale.
Il tempo come si sa è cinico, spazza il vecchio per far posto al nuovo e allora quale futuro ci attende se non rinunciamo ai compromessi malavitosi per deturpare le campagne? Come faremo ad invecchiare bene se trascorreremo più tempo ad odiarci perchè nessuno rispetta il prossimo?
Siamo tutti prodotti del nostro ambiente e non abbiamo bisogno di estraniarci dalla realtà con l'arte o con la droga perché basta semplicemente trascorrere una giornata ad osservare la gente: questo fu il riassunto della mia esperienza.
Tutt’un tratto avvertii freddo e mentre pensavo cosa fare per uscir fuori da questo strano viaggio, qualcuno mi chiamò con tono preoccupato.
“Beddhu”
Poi un’altra volta, ancora e ancora; in sequenza.
“Beddhu.. Beddhu.. Beddhu..”
A ben capire ero rimasto a fissare per un bel po’ l’immagine del piatto come un bambino estasiato di fronte a dei fuochi d’artificio. Ma quel momento era ormai terminato perché piombò, come un tuono, il fatidico e preoccupato interrogativo della nonna:

“Beddhu miu nu te piace? Percè nu mangi?”

Ed è così che ebbe nuovamente luogo una ricorrenza celeberrima che accade una volta la settimana, per ogni settimana del mese, per ogni mese dell’anno, per ogni anno di un lustro e via dicendo e che fa parte della tradizione culinaria di intere generazioni salentine:

IL PRANZO DELLA DOMENICA.

marcodemitri®







giovedì 5 febbraio 2015

INNUMEREVOLI OMBRE #2 [COMMENTO]

Nel post precedente, QUI per la precisione, ho scritto qualcosa sulla casa di produzione indipendente 4AM, commentando il primo corto pubblicato su youtube della serie Innumerevoli Ombre. 
E come potrete leggere, ne sono rimasto molto soddisfatto. 

Qui il commento del secondo capitolo. 
Che mi ha conquistato molto di più. 



Senza abbandonare il misticismo che, a quanto pare sembra essere il marchio di fabbrica della serie, questo secondo capitolo si concentra maggiormente sul fascino della flora del nord est italiano. 
Lasciato il sole della Puglia, ci spostiamo, infatti, a Gorizia, dove tra le betulle e il fogliame colorato del marrone autunnale un uomo si sveglia con di fronte una creatura demoniaca. 
L'azione è incentrata sulla ricerca, sulla corsa del protagonista per recuperare i suoi averi apparentemente rubati. 
Ciò che lascia interdetti è, però, l'assoluta fermezza dell'unico "essere umano" a non restare bloccato dalla paura, a dare per scontato la convivenza con creature mostruose. 
La bravura degli interpreti, l'uso del dialetto, la bellezza decadente delle location e la regia compatta e pulita, conferisce a questa serie un carattere forte, quasi lo stesso che colpisce a rivedere i primi corti di Sam Raimi. 
E in un organigramma così ben orchestrato nasce dunque un'altra ombra, quella di un bellissimo racconto ansiogeno arricchito di una fotografia tra il crepuscolo e la notte. 
Un ombra che difficilmente vuoi perdere spegnendo la luce. 

marcodemitri®

lunedì 2 febbraio 2015

INNUMEREVOLI OMBRE #1 [COMMENTO]

4AM.
Di loro non conoscevo nulla, ma proprio nulla. 
Poi tramite una conoscenza su facebook, ho scoperto della loro esistenza. 
4AM è una casa di produzione che ha recentemente diffuso su youtube la sua ultima opera: Innumerevoli Ombre.
È una web series a puntate, quattro per l'esattezza. 
Dal trailer già vi renderete conto della bellezza e della cura nei dettagli. Partendo da una colonna sonora caratteristica. Di solito prodotti del genere, sviluppati per carpire un pubblico dozzinale, non investono molto sui particolari. Preferiscono riservare la concentrazione nel complesso per avere un qualcosa di accattivante. 
E invece io ve ne parlo e ve ne consiglio la visione perché è molto bello. 
Suggestivo





Il primo episodio si sviluppa a Brindisi e, le poche parole espresse sono in dialetto salentino. 
La storia è un misto tra un mistery e un horror, ha una forte componente terrosa, profuma d'estate e di fieno. Si colora del tramonto e dell'albeggiare. Si riempie dei suoni melodici degli uccelli e dell'acqua e delle cicale. 
Quando ero più piccolo mi hanno sempre inquietato i racconti delle anziane sedute sui pianerottoli delle case. Passeggiando, le potevi ascoltare narrare dei demoni che si celavano nelle campagne. Di quelle donne fedigrafe, alienate dal mondo, che finivano nei casupoli tra il grano e le galline.
Il corto è ben riuscito perché ricrea questa atmosfera; dove non si ha una vera e propria consapevolezza del tempo, ci si trova abbondanti in un posto, in un luogo mozzafiato, tra le ombre. 
Innumerevoli.

A breve la seconda puntata! 
Seguitela!

marcodemitri®