sabato 8 marzo 2014

Allacciate le cinture [Recensione]

Tra il sole, il mare e la pioggia, in una Lecce perennemente fissa su due set, Ozpetek dirige e scrive un film melenso, lento e a tratti fastidioso.
Con una caratterizzazione debole dei suoi personaggi, il cineasta di origini turche sembra ormai aver abbandonato la sensibilità con cui dipingeva il mondo dell'omosessualità e delle relazioni amorose; quel gusto estetico che, poteva anche non piacere, ma catturava.
Le Fate Ignoranti e Saturno Contro, ne sono un bell'esempio.



La storia tratta degli amori tra opposti, di quelli impensabili ma che, casualmente, esplodono nella passione. Ferzan strizza l'occhio ad Almodovar per inscenare le ambientazioni naif e esteriorizzare il gretto mondo degli omofobi. Dipinge come un cavernicolo il protagonista, Antonio (Francesco Arca), uomo ignorante, che si innamora di Elena (Kasia Smutniak - l'unica degna di nota). Nonostante i due mondi siano agli antipodi, il loro amore è turbolento, fisico e violento. Niente ragione, solo sentimento. Ma quando un cancro sembra segnare per sembre la loro storia in negativo si scopriranno altre ispirazioni. Sullo sfondo le solite macchette: il gay e le zitelle.

Una volta era Accorsi, poi Raul Bova e Scamarcio e oggi Francesco Arca.
Ozpetek punta il marketing principalmente al pubblico femminile e dalla scelta degli attori maschili sembra conoscerlo anche molto bene.
Ma se Stefano Accorsi è stato il migliore attore che potesse mai avere, via via, ha dovuto ripiegare su un altro tipo di recitazione; più fredda, belloccia e infine televisiva.
Con pochi risultati.
Perché uno dei più grandi nei del film è sicuramente la scelta di un attore come Francesco Arca. Uno di quei ragazzi di spettacolo che piacciono tanto alle ragazzine, reduce da successi defilippiani e veramente pessimo.

Due domande:

- Dottor Ozpetek, la chiamo così perché a Lecce tutte le persone importanti si fanno chiamare Dottore, dunque partiamo dalla locandina: perché abbiamo optato per Moccia? Quello sfondo satinato, quell'abbraccio del bel tenebroso con i tatuaggi in bella vista e quel titolo come dire "statibu attenti"? 

- Qualcuno le ha spiegato che i salentini non sono né romani, né napoletani e nemmeno siciliani? 

Scritto insieme a Gianni Romoli, Ozpetek vuole ritornare al successo troppo velocemente e senza attenzione allo sviluppo narrativo.
Per non parlare della regia improntata, come consueto, esclusivamente sui primi piani e, andando oltre, si percepisce la superficialità della produzione anche per alcuni dettagli (Il Benzinaio, cioè Il Benzinaio, cioè con tutti i soldi dell'Apulia film Commission non c'è stato nessuno a trovare un nome più decente?).
È da sempre stato un punto fermo della sua filmografia la modifica improvvisa tra drammatico e commedia, tra sorrisi e pianti.
Perché, per lui, è la realtà.
Ma non aiuta una sceneggiatura colma di cliché, che si regge esclusivamente sull'impatto estetico dei protagonisti, che dialogano in modo stucchevole, con un uso della colonna sonora scardinato e quasi riciclato. Con l'introduzione dell'escamotage narrativo della circolarità del tempo (le storie si alternano tra passato e futuro), Ozpetek, nel finale, cambia le carte in tavola e non osa; non va fino in fondo.
Ora, ci sono registi che hanno costruito una carriera sul melodramma, Gabriele Muccino ad esempio, e, per carità, è anche il modo più semplice di creare empatia con il pubblico medio, di catturarlo nei sentimenti più semplici - e fare soldi - . ma di certo non si può pensare che in due ore di pellicola si possa scardinare così superficialmente la drammaturgia, inserendo un'attrice comica, qualche battuta nera e

FRANCESCO ARCA.

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